Fu quasi quattro decenni fa che intrapresi ciò che ora mi rendo conto essere un programma molto ambizioso: l' introduzione al pubblico di massa giapponese di quella complessa arte, o sport, originaria di Okinawa, che è chiamata Karate-do, - la via del Karate -. Questi quarant' anni sono stati turbolenti, e il sentiero che mi scelsi risultò essere tutt'altro che facile; ora, guardando indietro, sono sbalordito di aver raggiunto in questo sforzo anche il modesto successo che mi ha arriso.
Che il Karate-do abbia ora preso posto nel mondo come uno sport riconosciuto internazionalmente è dovuto completamente agli sforzi dei miei maestri; dei miei amici e compagni d' allenamento, dei miei allievi, i quali tutti indistintamente hanno dedicato tempo e fatica nell' incarico di affinare quest' arte marziale sino al suo stato attuale di perfezione. Per quanto riguarda il mio ruolo, mi pare che sia stato quello di un presentatore – un maestro di cerimonie, per così dire – uno che fu destinato, dal tempo e dalla sorte, ad apparire al momento opportuno.
Non è esagerato dire che quasi tutti i nonvant' anni della mia vita sono stati dedicati al Karate-do. Sono stato un bambino gracile e un ragazzo deboluccio: di conseguenza, si può immaginare che quando ero ancora giovanissimo per superare questi handicap dovevo cominciare lo studio del Karate. Così feci, ma con poco interesse all' inizio. Comunque, durante la seconda metà degli anni in cui frequentavo la scuola elementare, dopo che la mia salute cominciò a migliorare sensibilmente, l' interesse per il Karate cominciò a crescere. Presto, ritengo fui vittima di un incantesimo.
Mi buttai con l'intento di approfondire l'arte con mente e corpo, cuore e anima. Io ero stato un bambino fragile, irresoluto, introverso: quando divenni adulto, mi sentii forte, vigoroso e socievole.
(Fonte: Gichin Funakoshi, Karate Do il mio stile di vita, Edizioni Mediterranee)
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