Nel 1909 con l' invasione giapponese della penisola coreana, termina il Regno di Corea (dinastia Yi). La popolazione è sottoposta a una radicale e coercitiva inculturazione nipponica, che tenta di cancellare totalmente l' identità storico-culturale di questo popolo millenario di origine mongola. Nel periodo d' annessione, che durò fino al 1945, i coreani vennero privati di ogni autonomia socio-culturale che non rientrasse nel folkore contadino.
Le scuole coreane di arti marziali vennero fatte chiudere dai giapponesi. Ciò nonostante, queste antiche arti continuarono ad essere insegnate e tramandate, attraverso l' opera di maestri rifugiatisi nelle campagne o nei piccoli villaggi montani.
Durante questo periodo, dal momento che la Corea era diventata una provincia dell' Impero Giapponese, i giovani coreani venivano arruolati nell' esercito nipponicoe prestavano il loro servizio, per un periodo che oscillava fra i tre e i quattro anni, nelle varie provincie dell' impero del Sol Levante.
In questo modo i coreani ebbero il modo di apprendere nel Giappone centrale il Karate Do, in italiano tradotto – Via della mano vuota – che in coreano si pronuncia – Kong Su Do – Altri invece impararono il Karate Do nelle isole Riu Kiu (diverso da quello praticato in Giappone), dove il nome di quest' arte in italiano significa – Via della Mano cinese – e in coreano viene letto – Tang Su Do -.
Tornati in patria, i coreani divenuti esperti nel Karate Do, miscelarono le tecniche di quest' arte con quelle autoctone. Venne così a crearsi il Karate coreano, composto da tecniche di Karate giapponese e okinawese, tecniche di pugilato coreano, tecniche coreane di calcio, uniche per la loro ampia gamma e potenza, tecniche con l' uso di armi bianche cinesi, tecniche di leve articolari e di pressione ai punti vitali, e tante altre tecniche ritenute valide ed efficaci.
In tal modo il karate coreano creò una sua originalità, che gli permise di distinguersi dal Karate giapponese, da quello okinawese, o dal Kung fu cinese.
(Fonte: Tang Su Do, Edizioni Mediterranee, autori : roberto daniel villalba, fulvio grosso)
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