Mi alleno da otto anni. Ne ho già parlato. Tutto è cominciato quando ho trovato un libro di arti marziali sullo scaffale di una libreria. Un libro che in copertina portava l' immagine di Bruce lee.
Da allora il numero di libri di arti marziali che possiedo e aumentato notevolmente. Ho portato avanti una ricerca personale sull' argomento. Il libro che preferisco è ancora però il primo che ho comprato.
Allenandosi da soli ci si è evolve nella conoscenza di un arte marziale. Io ho notato in me dei progressi dopo un paio d'anni, le tecniche che avevo studiato erano ormai bene interiorizzate
Con la pratica continua aumenta anche la capacità di concentrazione. Si riesce ad essere più presenti in ogni cosa che si fa. Può migliorare persino il buon umore.
Oggi si parla sempre più spesso di cambiamenti di consapevolezza e di nuova coscienza, e se si va a cercare chi li ha sperimentati ci si accorge che spesso sono o praticanti di yoga o meditazione, oppure di arti marziali. E' successo anche a me.
Quando vi allenate da soli non dovete aspirare a diventare dei picchiatori o dei grandi maestri. La cosa importante è fare dei progressi nella padronanza delle tecniche e nella propria abilità a difendersi.
Abitiamo in città in cui non di rado si verificano situazioni pericolose, scatenate da delinquenti o da psicopatici o ubriaconi. Una certa conoscenza delle tecniche di difesa personale, secondo me non è inutile.
Anche se in molte forme d' arte l'insegnamento e la trasmissione sono tradizionalmente riservati a pochi, il segreto che avvolse il karate a Okinawa rasentò l' eccesso, al punto che vennero proibite testimonianze scritte; storicamente ciò fu dettato in parte dall' esigenza di mantenere la pratica nascosta agli occhi delle forze militari occupanti del clan Satsuma di Kyushu. Inoltre la disposizione mentale di celare l' esistenza del Karate era così radicata negli abitanti di Okinawa da persistere anche nel periodo Meiji e dopo, quando non vi era più alcun bisogno di segretezza.
Un esempio significativo di questo atteggiamento è quello dell' anziano gentiluomo che chiuse accuratamente tutte le porte e le imposte della sua casa prima di mostrare un kata al figlio di Funakoshi, Gigo. Quando ebbe terminato la spiegazione, il vecchio disse: - Ora posso morire in pace. Tra gli uomini a cui ho rifiutato di insegnare questo kata ve n'è stato uno che ha continuato a importunarmi fino a costringermi ad acconsentire; tuttavia, ho modificato la forma ed i movimenti fondamentali: pertanto, se in futuro sorgerà qualche dubbio, dì a tuo padre che il kata giusto è quello che ho insegnato a te-.
La pubblicazione di un libro che avrebbe rivelato il kata agli occhi del mondo costituiva quindi un fatto senza precedenti e un impegno straordinario. Come presidente dell' associazione di arti marziali di Okinawa e su richiesta del Dipartimento dell' educazione dell' isola, Funakoshi introdusse il Karate in Giappone in occasione della Prima esibizione annuale di atletica tenuta a Tokio nel 1922 e patrocinata dal ministero dell' Educazione.
Esistono essenzialmente due tipi di makiwara: sospeso, o sagemakiwara, e fisso, o tatemakiwara; tuttavia, usato da solo il termine makiwara di solito si riferisce al secondo. Ad ogni modo, è bene dire che quasi tutti i praticanti di Karate si allenano con questo attrezzo.
Per realizzare un sagemakiwara, legate strettamente con una corda un fascio di paglia, in modo che il diametro sia più o meno quello del bersaglio usato nel tiro con l'arco, e sospendetelo per mezzo di funi assicurate a entrambe le estremità. Un makiwara si costruisce avvolgendo intorno a un fascio di paglia lungo circa 40 centimetri una corda intrecciata dello stesso materiale, fissando poi il tutto saldamente a un palo. Normalmente, per quest' ultimo sono consigliate le seguenti misure:
1. Lunghezza totale: 2,15 metri, di cui 1,4 metri sopra il terreno e 0,75 metri interrati
2. Spessore: 7,5 centimetri
3. Spessore alle estremità: 1,3 centimetri in alto e 6,35 centimetri alla base
Le dimensioni possono subire modifiche a seconda delle statura e della forza del praticante. Il palo deve poter tornare nella posizione iniziale dopo essere stato colpito; inoltre, è una buona idea confezionare un cappuccio di circa 30 centimetri per coprire e proteggere la parte in paglia quando non si usa il makiwara.
In un altro post ho spiegato che Bruce Lee studiò anche la boxe. Così come nel full contact, è previsto l' uso dei pugni della boxe e dei calci del Karate, Bruce Lee integrò nel suo stile di combattimento i principi della boxe.
Ricordo un vecchio libro di Karate, comprato quando ero un bambino, in cui si metteva a confronto l' esperto di Karate con l' esperto di boxe, considerato un rivale pericolosissimo. Sicuramente non consiglierei a nessuno di mettersi a litigare con un atleta che ha praticato la boxe.
Il post precedente parlava dell' allenamento al Makiwara tipico del Karate. Oltre a questo strumento nel Karate si usano anche altri sistemi, se non ricordo male ho anche letto da qualche parte che si può riempire un pentola di sabbia ed allenare le mani. Non però come. Dovete cercare nei libri.
Un sacco da boxe potrebbe servire a chi si allena da solo. Io ritengo di si. Non è indispensabile, perché lo scopo di chi si allena da solo non è eccellere, anche perché allenandosi da soli è piuttosto difficile raggiungere un simile risultato.
Utilizzare un sacco da boxe può aumentare la forza dei propri colpi, inoltre allenarsi a colpire con il sacco in movimento aiuta a potenziare gambe e velocità e precisione. E' importante però mettere ben strette le fasce ai polsi. Altrimenti ci si piò fare del male.
La pratica col makiwara è l' anima del karate e non dovrebbe venire tralasciata neanche per un solo giorno. La sua importanza non risiede soltanto nel rafforzamento delle parti del corpo impiegate negli attacchi e nelle parate, ma anche nell' aiutare a comprendere il modo corretto di concentrare l' energia del corpo nel pugno al momento dell' impatto. E' anche uno strumento valido per sviluppare il senso della distanza.
L' elasticità del suo legno è la caratteristica più importante di questo attrezzo. Il cipresso giapponese (hinoki) è il migliore per quest' uso, ma anche il cedro giapponese (sugi) da buoni risultati. Per la sua elasticità e per il potere di assorbire gli urti, viene impiegata la paglia di riso come cuscino sulla porzione di tavola destinata a venire colpita. Evidentemente anche la gomma o la spugna possono sostituirla discretamente.
La pratica dev' essere continua e diligente, piuttosto che distratta e precipitosa, e il rafforzamento del corpo dev' essere operato gradualmente. Colpire troppo rapidamente, improvvisamente o troppo spesso, sarà causa di slogature dei polsi o escoriazioni. Iniziare la pratica colpendo l' attrezzo trenta volte col pugno destro e trenta col sinistro. Aumentare gradualmente il numero dei colpi fino a centocinquanta per pugno ed infine trecento.
(Fonte: Super Karate 1-manuale di base, edizioni mediterranee, autore: m. nakayama)
Fu durante il soggiorno a casa dei miei nonni che cominciai a frequentare la scuola elementare, e dopo un po' divenni intimo amico di un mio compagno di classe. Anche questo era destino che cambiasse il corso della mia vita, poiché il mio compagno di classe era il figlio di Yasutsune Azato, un uomo sorprendente che era fra i più grandi esperti nell' arte del karate di Okinawa. Il maestro Azato apparteneva ad una delle due classi più elevate delle famiglie shizoku di Okinawa: gli Udon erano della classe più elevata ed equivalevano ai daimyo nei clan fuori da Okinawa; i Tonochi erano capi ereditari di città e villaggi. Era al secondo gruppo che Azato apparteneva, occupando la sua famiglia questa posizione elevata nel villaggio di Azato, situato fra Shuri e Naha. Il loro prestigio era così grande che gli Azato erano trattati non come vassalli del primo goveranatore di Okinawa, ma piuttosto come intimi amici su una stessa posizione.
Il Maestro Azato non solo era insuperato in tutta Okinawa nell' arte del Karate, ma eccelleva anche nell' equitazione, nella scherma giapponese (kendo), e nel tiro con l' arco. Egli era, inoltre, un brillante studioso. Fu una fortuna per me essere sottoposto alla sua attenzione ed infine ricevere la mia prima lezione di Karate dalle sue eccezionali mani. A quel tempo la pratica del Karate era proibita dal governo, così le lezioni dovevano tenersi in segreto, ed agli allievi era severamente proibito dai maestri di parlare con chicchessia del fatto che stavano imparando l' arte. Dirò di più su questo argomento più avanti; per il momento è sufficiente notare che la pratica del Karate allora poteva essere effettuata solo di notte ed in segreto.
La casa di Azato era situata distante da quella dei miei nonni, dove ancora vivevo, ma una volta che il mio entusiasmo per l' arte cominciò a far presa, la notte non mi sembrava mai troppo lunga. Fu dopo un paio d' anni di pratica che capii che la mia salute era migliorata considerevolmente, e che non ero più il fragile bambino che ero stato. Il Karate mi piaceva, ma più di ciò, mi sentivo indebitato con l' arte per il mio incrementato benessere, e fu intorno a questo periodo che cominciai a considerare seriamente di fare del Karate-do un modo di vivere.
(Fonte: Karate Do, il mio stile di vita, Edizioni Mediterranee, autore: Gichin Funakoshi)
Da quando gestisco questo blog ho avuto modo di comprendere meglio le arti marziali sotto diversi aspetti. Avevo già letto diversi libri, fra cui Jeet Kune Do di Bruce Lee da cui prende il nome questo stesso blog. Ma la mia continua ricerca di video, mi ha portato a comprendere aspetti delle arti marziali che mi sfuggivano.
Ho notato che gli atleti che si dedicano alle arti marziali si possono distinguere quanto meno in due categorie. Da un lato gli atleti veri, che sono dei veri sportivi, o dei maestri di grande valore nell' arte che hanno studiato. Dall' altro ci sono dei veri e propri picchiatori, e sono questi che spesso vincono nelle sfide fra scuole. Infine, ma si tratta forse di un numero meno cospicuo di persone ci sono dei veri fanatici.
Di solito quando scelgo i video per il blog, scarto tutti quelli che sono troppo violenti, comprese le sfide fra scuole. Non mi sembra il caso di farli vedere agli utenti. Nessuno vi vieta di cercarveli per conto vostro però.
Un aspetto che non viene trascurato dai veri maestri è quello filosofico. Ad esempio vi siete chiesti mai qual' è la filosofia del Karate?
Filosofia del Karate
Gichin Funakoshi interpretò il -kara- del Karate-dō con il significato di -purificare se stessi da pensieri egoisti e malvagi, perché solo con una mente e coscienza limpida il praticante può comprendere la conoscenza che riceve-. Funakoshi riteneva che il karateka doveva essere -interiormente umile ed esternamente gentile-. Solamente comportandosi umilmente si può essere aperti alle molte lezioni del Karate. Questo può essere fatto solamente attraverso l'ascolto ed attraverso la ricezione delle critiche. Egli considerava la cortesia di primaria importanza. Diceva che -il Karate viene propriamente applicato solo in quelle rare situazioni in cui uno deve davvero atterrare qualcuno o essere da lui atterrato-. Funakoshi ha ritenuto insolito per un appassionato l'utilizzo del Karate in uno scontro fisico reale più di una volta nella vita. Egli disse che i praticanti di Karate -non devono mai essere facilmente trascinati in una lotta-. Resta inteso che un colpo scagliato da un vero esperto potrebbe significare la morte. Risulta chiaro che coloro i quali fanno un uso distorto di ciò che hanno imparato portano disonore a se stessi.
Fu quasi quattro decenni fa che intrapresi ciò che ora mi rendo conto essere un programma molto ambizioso: l' introduzione al pubblico di massa giapponese di quella complessa arte, o sport, originaria di Okinawa, che è chiamata Karate-do, - la via del Karate -. Questi quarant' anni sono stati turbolenti, e il sentiero che mi scelsi risultò essere tutt'altro che facile; ora, guardando indietro, sono sbalordito di aver raggiunto in questo sforzo anche il modesto successo che mi ha arriso.
Che il Karate-do abbia ora preso posto nel mondo come uno sport riconosciuto internazionalmente è dovuto completamente agli sforzi dei miei maestri; dei miei amici e compagni d' allenamento, dei miei allievi, i quali tutti indistintamente hanno dedicato tempo e fatica nell' incarico di affinare quest' arte marziale sino al suo stato attuale di perfezione. Per quanto riguarda il mio ruolo, mi pare che sia stato quello di un presentatore – un maestro di cerimonie, per così dire – uno che fu destinato, dal tempo e dalla sorte, ad apparire al momento opportuno.
Non è esagerato dire che quasi tutti i nonvant' anni della mia vita sono stati dedicati al Karate-do. Sono stato un bambino gracile e un ragazzo deboluccio: di conseguenza, si può immaginare che quando ero ancora giovanissimo per superare questi handicap dovevo cominciare lo studio del Karate. Così feci, ma con poco interesse all' inizio. Comunque, durante la seconda metà degli anni in cui frequentavo la scuola elementare, dopo che la mia salute cominciò a migliorare sensibilmente, l' interesse per il Karate cominciò a crescere. Presto, ritengo fui vittima di un incantesimo.
Mi buttai con l'intento di approfondire l'arte con mente e corpo, cuore e anima. Io ero stato un bambino fragile, irresoluto, introverso: quando divenni adulto, mi sentii forte, vigoroso e socievole.
(Fonte: Gichin Funakoshi, Karate Do il mio stile di vita, Edizioni Mediterranee)
Karate. Esistono diversi stili. Le tecniche comprendono calci, pugni, gomitate, ginocchiate, tecniche di percussione a mano aperta nelle zone sensibili del corpo, parate, schivate, spostamenti, scivolate. Sono presenti anche delle tecniche di proiezione e spazzata. Ed è previsto anche lo studio dei punti vitali.
Kung fu. Non si tratta di una singola disciplina, ma di un insieme di stili elaborati nel corso dei secoli. Le tecniche sono i calci, le tecniche con la mano ed i calci, le proiezioni e le chiavi articolari, si colpisce anche con la testa le ginocchia, con il petto e con la schiena.
Ju Jitsu è un'antica forma di combattimento di origine giapponese di cui si hanno notizie certe solamente a partire dal XVI secolo quando la scuola Takenouchi produsse una codificazione dei propri metodi di combattimento. Ma certo l'origine del jujutsu è molto più antica e la definizione, durante tutto il periodo feudale fino all'editto imperiale del 1876 che proibì il porto delle spade decretando così la scomparsa dei samurai, si attribuiva alle forme di combattimento a mani nude o con armi (armi tradizionali, cioè spada, lancia, bastone, etc.) contro un avversario armato o meno, praticate in una moltitudine di scuole dette Ryū, ognuna con la propria specialità. Bastone, Sai e Nunchaku diventano armi, ma nascendo da semplici attrezzi da lavoro. Il bastone infatti serviva a caricare i secchi, i Sai servivano per la brace, mentre il Nunchaku era un semplice strumento usato per battere il riso. Le armi erano inaccessibili ai civili, e quest'ultimi adattarono nell'uso i pochi strumenti che avevano a disposizione, usandoli appunto per difendersi.
Judo. Le tecniche. Secondo il metodo d'insegnamento del Prof. Kanō, il Kōdōkan Jūdō consiste fondamentalmente nell'esercitare la tecnica di combattimento e nella ricerca teorica, entrambe cose elaborate dal principio -yawara-. -
Yawara significa adeguarsi alla forza avversaria al fine di ottenere il pieno controllo. Esempio: se vengo assalito da un avversario che mi spinge con una certa forza, non devo contrastarlo, ma in un primo momento debbo adeguarmi alla sua azione e, avvalendomi proprio della sua forza, attirarlo a me facendogli piegare il corpo in avanti [...] La teoria vale per ogni direzione in cui l'avversario eserciti forza.- (Jigorō Kanō)
Il jūdō offre un ricco repertorio di tecniche di combattimento, categorizzato solitamente come di seguito. Queste tecniche comprendono l'applicazione del principio yawara (non soltanto nel contesto dell'elasticità passiva intesa in senso buddhista, ma anche come principio attivo del contrattacco), enucleano i principi dell'attacco-difesa propri del metodo Kanō e ne dimostrano l'efficacia sia nel combattimento reale, sia nella competizione sportiva.
Quello delle arti marziali è sicuramente un panorama molto vasto. Ne esistono molte, ciascuna con le sue peculiarità.
La più famosa di tutte è forse il Karate. Il Karate a sua volta è diviso in diversi stili. Tanto per ricordarne qualcuno: lo Shotokan, il Wado-ryu, il coreano, e quello più antico di Okinawa.
Di solito una persona si avvicina al mondo delle arti marziali, o perché rimane affascinato dopo aver visto diversi film, basti pensare a quelli leggendari di Bruce Lee, o perché vorrebbe imparare a difendersi. A me è successo per entrambi i motivi.
Molte arti marziali sono state sdoganate nel mondo proprio grazie al cinema. Si pensi al Kung fu, o al Krav Maga che è diventato famoso dopo l' uscita di un film con Jennifer Lopez.
Così come esistono diversi stilidi di Karate, lo stesso identico discorso vale per gli stili di Kung fu. Si parla in questo caso di stili del nord, stili del sud, stili duri, stili morbidi, stili interni e stili esterni. Il panorama è molto ampio.
Una persona che si trovasse nelle condizioni di dover iniziare la pratica di un' arte marziale, potrebbe rimanere confusa di fronte a tutta questa offerta. Naturalmente se abitate in una piccola città o in un paesino non ci saranno così tante palestre da coprire tutte le arti marziali esistenti.
Come scegliere allora? La prima cosa che dovete chiedervi è se vi interessa più una forma particolare di arte marziale perché vi affascina, o se siete interessati solo all' aspetto della difesa personale.
Per la difesa personale potrei consigliarvi ad esempio: il krav maga o il JuJitsu. Sono due arti marziali studiate appositamente per la difesa.
Ma se vi piace ad esempio il TaiJi Quan, perché lo trovate adatto al vostro fisico, alla vostra indole, e vi affascina, perché non dovreste studiarlo anche se si basa rispetto alle due arti marziali cui ho accennato prima su principi diversi?
Contrariamente a quanto avveniva in Giappone, dove i metodi di lotta corpo a corpo prediligevano prese e proiezioni (conseguenza dell' uso delle armature, che rendevano inutile la percossa e di conseguenza implicavano tecniche con cui proiettare a terra o disarcionare un guerriero, per poterlo poi colpire con la spada), a Okinawa il combattimento disarmato si svolgeva generalmente tra avversari privi di protezione e quindi più vulnerabili a colpi di pugno e di calcio. L' influenza della scuole cinesi e della loro divisione in stili duri e morbidi trova un corrispettivo nelle scuole di combattimento di Okinawa.
Queste si svilupparono su base geografica in corrispondenza di differenti città, ciascuna delle quali seguiva uno stile proprio di una diversa regione della Cina, probabilmente a seconda dei contatti commerciali e culturali intercorsi con il Regno di Mezzo. La tecnica che vi si praticava nella città di Shuri, per esempio, era fortemente ispirata agli stili periferici duri, della boxe cinese, derivati dalla scuola del tempio Shaolin. Era uno stile che prediligeva i movimenti vigorosi, di forza, a volte spettacolari e basati sull' applicazione della potenza secondo linee rette.
A Naha, invece, veniva praticata una tecnica influenzata dagli stili interni, o morbidi, originari delle montagne della Cina, nella regione del Wudang, delle quali il Taiji quan è la più conosciuta versione moderna. Ovviamente la necessità e lo spirito pragmatico degli abitanti di Okinawa adattarono le sofisticate elaborazioni taoiste degli stili interni cinesi creando una tecnica di più facile applicabilità ma, al contrario dello stile duro, ispirata a movimenti circolari, più fluidi e riferiti all' uso del Ki, l' energia interna. Infine, a Tomari si praticava uno stile che univa le caratteristiche delle sue scuole, in una fusione tra duro e morbido che sarebbe stata alla base della scuola Goju, lo stile più caratteristico del Karate di Okinawa.
Tutte queste scuole tuttavia recavano una indiscutibile influenza cinese, tanto che la trascrizione del nome a loro generalmente attribuito, Tode, tradiva la loro origine in un modo che i giapponesi trovarono in seguito insopportabile. -Te- infatti significava mano e alludeva appunto all' uso del corpo umano come arma. Il termine -To-, invece poteva essere tradotto con -vuoto- nel senso di -mani nude- ma anche con -Tang-, l' ideogramma che a quell' epoca identificava la Cina. Il Tode, l' arte marziale di Okinawa, era quindi la tecnica della -mano vuota- ma anche la -mano di Tang- ovvero la scuola di arti marziali della Cina.
(Fonte: Lezioni di Karate, De Vecchi Editore, autori: Stefano di Marino – Roberto Ghetti)
Il Ju Jitsu (letteralmente tecnica della cedevolezza o più comunemente dolce arte) è un' arte marziale giapponese che in virtù della molteplicità delle tecniche che impiega, può considerarsi tra le più vicine al concetto di difesa personale. Per meglio comprendere il valore di questa disciplina sarà bene prendere in considerazione l' etimologia del termine Ju Jitsu.
L' ideogramma -Ju- racchiude il principio della cedevolezza, intesa come capacità di adattamento alle diverse circostanze, sfruttando a proprio vantaggio l' energia corporea di chi si confronta con noi. L' immagine dei rami di un salice che si flettono elasticamente sotto il peso della neve, e che dopo averla fatta cadere riprendono la loro forma, offre una rappresentazione immediata del concetto di Ju. Invece il termine Jitsu, esprime il significato di scienza o arte, riferendosi allo studio o alla pratica delle tecniche di combattimento.
La vastità e la complessità di questa disciplina non devono scoraggiare il neofita, per il quale il Ju, ovvero il principio della cedevolezza, rappresenta anche la possibilità per chiunque di avvicinarsi e adattarsi all' apprendimento di questa arte marziale. A questo scopo si rivela fondamentale la presenza di un tecnico esperto di un Maestro, il quale sempre in osservanza del concetto di flessibilità avrà come obbiettivo primario quello di individuare il percorso più idoneo per rendere positivo l' incotro tra allievo e la disciplina.
Certamente non è concepibile lo studio del Ju Jitsu avendo come unico punto di riferimento testi o filmati, che devono essere invece utilizzati semplicemente come sussidi didattici.
(Fonte: Lezioni di Ju Jitsu, autore: Giancarlo Bagnulo, De Vecchi Editore)
Wu Shu è il nome cinese del Kung fu. La pratica tradizionale del Wu Shu è antica quanto la stessa cultura cinese, e può essere fatta risalire addirittura alle prime comunità neolitiche che si servivano di armi e di strumenti primitivi per andare a caccia e per difendersi. Wu significa letteralmente – marziale – o – combattimento - , e shu significa – l' arte - , - la via -, - il metodo -
Breve storia del Wu Shu.
Il Wu Shu, unione di sport e di concezione filosofica, venne utilizzato inizialmente dalla gente comune come forma di autodifesa. In seguito, con l'emergere della struttura delle classi nella società cinese, venne adottato anche dalle classi dominanti. Esse non fecero che perpetuare le idee che circondavano l' arte, affermando che chiunque avesse padroneggiato il Wu shu sarebbe invulnerabile ad ogni attacco. Al fine di proteggere il loro potere, i ceti dominanti iniziarono ad avvolgere il Wu Shu in un' aura di misticismo religioso, scoraggiando decisamente chiunque intendesse intraprenderne la pratica. Il famoso tempio di Shaolin in Cina ha avuto comunque un ruolo fondamentale nella diffusione di quest' arte, che fu la prima forma di difesa personale in Oriente.
Il Wu shu può essere praticato da uomini e donne, vecchi e giovani, quale metodo insuperabile di difesa personale. E' una forma molto efficace di allenamento fisico e psichico, una via piuttosto semplice per raggiungere la sicurezza e la pace della mente ed uno sport emozionante.
(Fonte: John Armstead, Kung fu di Okinawa, edizioni mediterranee)
Esistono delle differenze importanti fra il Karate ed il Jeet Kune Do. Personalmente le ritengo entrambi delle arti marziali molto interessanti.
Bruce Lee creò il Jeet Kune Do perché era molto critico nei confronti delle arti marziali tradizionali in particolare, non escludeva dalle sue critiche persino lo stile di Kung fu che aveva studiato per tanti anni il Wing Chun Kung fu.
Nel Karate è molto importante l' apprendimento dei Kata, una sequenza di posizioni e mosse che sintetizzano le tecniche dell' arte marziale. Bruce Lee non credeva nell' utilità dei Kata.
Inoltre Lee era contrario anche all' eccessiva tendenza alla formazione di schemi, nelle arti marziali. Il combattimento reale è qualcosa di spontaneo, l' artista marziale deve sapere improvvisare ed utilizzare anche tecniche, che di estetico non hanno ben nulla, se necessario. Da qui si vede la differenza del Jeet Kune Do, che Bruce utilizzava nei suoi film, e quello che probabilmente avrebbe utilizzato in un combattimento reale.
Già negli altri post ho spiegato che nei combattimenti reali, spesso si finisce a terra avvinghiati, a darsi pugni in testa, morsi ecc... Insomma uno spettacolo non bello da vedersi.
Riguardo al Karate anche se non voglio sminuire le idee di Bruce Lee, non trovo affatto che non sia una forma valida di difesa personale. L' impressione che ho maturato però, è che sia efficace soprattutto ad una certa distanza, dato che le tecniche di calcio sono molto valide, e nei primi attimi del combattimento.
Praticamente io penso che un Karateka dovrebbe riuscire ad atterrare un avversario nei primi istanti del combattimento, con uno o più calci e qualche pugno. Risolvere quindi il conflitto immediatamente. Lo vedo quindi come una difesa personale istantanea. Se l' avversario però riesce a saltarvi addosso, ed è molto muscoloso e violento, allora ci troviamo in una situazione del tutto diversa...
Nel Kumite due praticanti si fronteggiano ed applicano le tecniche. Di conseguenza il Kumite può essere considerato la dimostrazione pratica dei fondamenti appresi nel kata, cioè una forma di combattimento.
Anticamente, ad Okinawa, l' allenamento del Karate si basava quasi esclusivamente sui kata. Solo raramente la forza di un pugno o di una parata veniva misurata attraverso il cosiddetto kakedameshi.
In seguito alla sua introduzione in Giappone, il Karate divenne sempre più popolare tra i giovani e venne inevitabilmente influenzato dalle arti marziali giapponesi.
Fu studiato e perfezionato il kumite fondamentale, che iniziò ad essere praticato verso la fine degli anni venti, e inoltre si sviluppò il Jiyu kumite (combattimento libero). Oggi, il kumite è praticato ovunque come mezzo d' allenamento.
Poiché il kumite nacque soltanto dopo l' introduzione del Karate in Giappone, esso costituisce per così dire una branca recente di quest' arte di autodifesa. Così, proprio allo stesso modo in cui i nostri antichi predecessori perfezionarono i kata, il karateka moderno deve portare il kumite allo stesso livello di perfezione.
Vi sono tre tipi di kumite: il kumite fondamentale, l' ippon kumite ed il Jiyu kumite. Il kumite fondamentale serve a sviluppare le tecniche fondamentali in funzione del livello di abilità dell' allievo.
L' ippon kumite serve a studiare le tecniche offensive e difensive, ad allenare gli spostamenti e a comprendere il maai (distanza).
Nel Jiyu kumite non vi sono tecniche prestabilite: i partners possono utilizzare liberamente le loro capacità fisiche e mentali, ma i praticanti devono controllare i loro pugni, le percosse, i calci.
(Fonte: super karate, edizioni mediterranee, autore m.nakayama)
Premetto che in Occidente probabilmente sono pochi gli scienziati che credono nella reale esistenza di questa forma di energia.
Il termine prana, dal sanscrito prāṇa (devanāgarī), significa letteralmente vita e in seconda istanza viene inteso come respiro e spirito. Nonostante ciò, la tradizione induista spesso identifica i vari significati della parola come una cosa sola.
Secondo la fisiologia induista, tutti gli esseri viventi, in quanto tali, sono dotati di prāṇa, la cui conservazione deriva dal corretto svolgimento di tutte le funzioni psicologiche, emotive e fisiologiche necessarie al mantenimento armonico dell'equilibrio.
Secondo tale filosofia, uno dei modi più evidenti attraverso cui gli esseri viventi ottengono prāṇa è dato dalla respirazione che veicola, oltre all'ossigeno (elemento grossolano) anche la vitalità (elemento sottile) che traiamo dall'aria.
Nello Yoga e nelle tecniche di guarigione indiane il saper padroneggiare il respiro assume un ruolo fondamentale, poiché questa funzione viene posta sotto un controllo consapevole.
Nella cultura tradizionale cinese e giapponese il termine con significato corrispondente è il vocabolo Ki.
Il concetto orientale di KI è di difficile definizione.
In Giappone, tale termine è usato quotidianamente a partire dall'instaurarsi della cultura cinese. Il KI esprime il concetto delle energie fondamentali dell'universo, di cui fanno parte la natura e le funzioni della mente umana.
Nell'antica Cina, poiché era visto come la forza che originava tutte le funzioni fisiche e psicologiche, il concetto di KI venne ampiamente utilizzato nella medicina tradizionale cinese, nelle arti marziali ed in molti altri aspetti della vita.
Il concetto di KI fu utilizzato per determinare il massimo livello della forza dei soldati, per scegliere in base a ciò il movimento militare idoneo. In seguito, lo studio dei KI divenne una forma di pratica di predizione del destino, mediante l'abilità dell'indovino di leggere il KI di un individuo.
Nella cultura tradizionale induista il termine con significato corrispondente è il vocabolo sanscrito Prana.
Nella cultura tradizionale occidentale, il significato del termine latino spiritus di cui il vocabolo Ki è termine equivalente, traduce la parola greca πνευμα (pneuma, il soffio vivificatore) da πνειν (soffiare) e questa a sua volta traduce la voce ebraica rû:ăћ (accento sulla u e suono gutturale aspirato finale).
La rû:ăћ ebraica (che a differenza degli altri termini è invece un sostantivo femminile), in relazione all'ambito della natura indicava il soffio del vento, in relazione all'ambito di Dio significava la sua forza di creare la vita e di imprimere un senso alla storia, in relazione all'ambito dell’Uomo ne indicava non solo il suo essere vivo, ma anche il suo respiro ed il suo alito.
Lo scopo dell' arte è quello di proiettare nel mondo una visione interiore, di fermare nella creazione estetica le più profonde esperienze personali di un essere umano, di renderle intellegibili e note a tutti nell' intero ambito di un mondo ideale. L' arte rivela se stessa nella comprensione dell' essenza delle cose e da forma al rapporto fra l' uomo e il nulla, fra l' uomo e la natura dell' assoluto. L' arte è espressione della vita e trascende il tempo e lo spazio. Per dare una nuova forma e un nuovo significato alla natura e al mondo ci serviamo dell' anima attraverso l' arte. L' espressione di un artista è la sua anima resa visibile, la sua capacità ma anche la sua freddezza evidenziate. Da ogni suo movimento traspare la musica della sua anima. Quando così non è, il suo movimento è vuoto è come una parola vuota – non ha significato. Sbarazzati delle idee non chiare e agisci attingendo alle tue radici.
L' arte non è mai decorazione, abbellimento, ma opera di illuminazione. L' arte in altri termini, è una tecnica per riconquistare la libertà.
L' arte esige la perfetta padronanza della tecnica, raggiunta mediante l' interiorizzazione.
Arte senza arte è arte dell' anima.
Arte senza arte è l' interiorizzazione del processo artistico, significa arte dell' anima. Tutti ivari movimenti di tutti gli strumenti sono un passo sulla via verso il mondo assoluto dell' anima.
Il Tang Su Do (karate coreano), è un' arte marziale e come ogni arte o scienza è un' astrazione, una idea, un' essenza puramente mentale che dal mondo atemporale degli archetipi universali scende nel mondo del reale ( il mondo delle cose ) attraverso il ponte umano che la rende tangibile rivestendola di materia prima e di accidenti spazio-temporali.
Le arti e le scienze si espletano mediante l' uomo per divenire attuali e non restare mere astrazioni potenziali.
Da queste riflessioni si trae che è l' uomo, con le sue caratteristiche essenziali e accidentali, che determina i limiti e gli obiettivi di una data arte o scienza. Ricordiamo a tale proposito che l' uomo è misura di tutte le cose.
Si pensi, con uno sforzo di fantasia, che se l' essere umano avesse tre braccia anziché due, fra le tante altre cose alquanto inimmaginabili, anche il suo modo di lottare sarebbe totalmente diverso. Pertanto dalla sua costituzione essenziale, di come è fatto fisicamente e animicamente, si desume il suo modo di vivere: di alimentarsi, di lavorare, di socializzare, di pensare ecc...
Abbiamo già visto che arte e tecnica sono intrinsecamente unite dall' atto creativo dell' uomo. Pertanto seguendo la teoria di Spengler, si deduce che la prima arte fu l' arte marziale, in quanto la fabbricazione dell' arma, e la tecnica del suo uso, rendono libero l' uomo dalle costrizioni della natura, come ad esempio le insidie provocate da altre specie animali (bestie feroci), o da altri uomini fisicamente avvantaggiati o semplicemente più numerosi.
L' arte marziale sarà allora un mezzo con cui si affronta la sindrome criminale per evitare di venire soppressi o sopraffatti, parzialmente o totalmente.
(Fonte: Tang Su Do, Edizioni Mediterranee, autori: Roberto Daniel Villalba, Fulvio Grosso)
Il programma di insegnamento del T'ai Chi Ch'uan per il pubblico generico era assai ridotto rispetto a quello destinato agli allievi che facevano parte della scuola o meglio della famiglia del maestro. Al pubblico furono insegnate esclusivamente delle versioni semplificate della cosiddetta forma lunga, i più semplici esercizi a coppie di mani che spingono e un esercizio con la spada.
L' insegnamento di solito aveva (e tuttora ha) luogo la mattina presto nei parchi, nelle strade e nelle piazze. Gruppi più o meno numerosi di persone cercano di imitare i movimenti di un istruttore, il quale si limita ad eseguire gli esercizi, generalmente senza fare correzioni o dare spiegazioni.
Poco alla volta si sono pertanto sviluppati due tipi di T'ai Chi Ch'uan:
1. Un T'ai Chi Chuan che possiamo definire -di strada- (perché viene insegnato nelle strade e nei parchi) e che è destinato al grande pubblico: l' insegnamento è di solito molto approssimativo ed è limitato a pochi esercizi aventi un esclusivo scopo di ginnastica salutare.
2. Un T'ai Chi Chuan che possiamo definire – di scuola -, il cui insegnamento fino a poco tempo fa era limitato a pochissimi allievi sicuramente selezionati; il programma del T'ai Chi Chuan – di scuola – è vastissimo e comprende non solo gli aspetti ginnici e salutari, ma anche quelli marziali, filosofici e meditativi. L' insegnamento di questo tipo di T'ai Chi Ch'uan è molto rigoroso e per un corretto apprendimento delle tecniche è necessaria una pratica di moltissimi anni sotto la guida di un vero maestro.
(Fonte : T' ai Chi Ch'uan, Ediotre De vecchi, autori Chan Dsu Yao, Ronerto Fassi)
Nel 1909 con l' invasione giapponese della penisola coreana, termina il Regno di Corea (dinastia Yi). La popolazione è sottoposta a una radicale e coercitiva inculturazione nipponica, che tenta di cancellare totalmente l' identità storico-culturale di questo popolo millenario di origine mongola. Nel periodo d' annessione, che durò fino al 1945, i coreani vennero privati di ogni autonomia socio-culturale che non rientrasse nel folkore contadino.
Le scuole coreane di arti marziali vennero fatte chiudere dai giapponesi. Ciò nonostante, queste antiche arti continuarono ad essere insegnate e tramandate, attraverso l' opera di maestri rifugiatisi nelle campagne o nei piccoli villaggi montani.
Durante questo periodo, dal momento che la Corea era diventata una provincia dell' Impero Giapponese, i giovani coreani venivano arruolati nell' esercito nipponicoe prestavano il loro servizio, per un periodo che oscillava fra i tre e i quattro anni, nelle varie provincie dell' impero del Sol Levante.
In questo modo i coreani ebbero il modo di apprendere nel Giappone centrale il Karate Do, in italiano tradotto – Via della mano vuota – che in coreano si pronuncia – Kong Su Do – Altri invece impararono il Karate Do nelle isole Riu Kiu (diverso da quello praticato in Giappone), dove il nome di quest' arte in italiano significa – Via della Mano cinese – e in coreano viene letto – Tang Su Do -.
Tornati in patria, i coreani divenuti esperti nel Karate Do, miscelarono le tecniche di quest' arte con quelle autoctone. Venne così a crearsi il Karate coreano, composto da tecniche di Karate giapponese e okinawese, tecniche di pugilato coreano, tecniche coreane di calcio, uniche per la loro ampia gamma e potenza, tecniche con l' uso di armi bianche cinesi, tecniche di leve articolari e di pressione ai punti vitali, e tante altre tecniche ritenute valide ed efficaci.
In tal modo il karate coreano creò una sua originalità, che gli permise di distinguersi dal Karate giapponese, da quello okinawese, o dal Kung fu cinese.
(Fonte: Tang Su Do, Edizioni Mediterranee, autori : roberto daniel villalba, fulvio grosso)
Una parte cospicua degli sportivi che si dedicano allo studio delle arti marziali si allena anche con i pesi. E' normale quando ci si dedica a questo tipo di attività cercare di migliorare la propria muscolatura. Diventare più forti, più resistenti.
Io abito a Catania, e frequentò anche una palestra. Ritengo che studiare un' arte marziale e nello stesso tempo allenarsi con i pesi sia una scelta intelligente.
In sport da combattimento come il Full Contact per esempio, l' obbiettivo e preparare degli atleti che abbiano un' eccellente forma fisica, con l' idea quando sono giovani e particolarmente validi di instradarli verso le competizioni.
Naturalmente non tutte le persone hanno il tempo di frequentare una palestra. I pesi però potete pure utilizzarli a casa vostra, basta che li comprate.
Se siete particolarmente volenterosi potete anche provare ad allestire una piccola palestra a casa vostra. Le panche, i manubri ed i bilancieri, si trovano anche a prezzi vantaggiosi.
Naturalmente non dovete porvi l' obbiettivo di diventare come gli atleti di body building che fanno le gare. L' importante è sviluppare la giusta quantità di massa muscolare, la forza e la resistenza.
Personalmente cerco di mantenermi nel peso forma, non amo strafare. Credo che una scelta come la mia sia abbastanza valida, anche per qualsiasi altro atleta che studia le arti marziali.
Per quanto riguarda l' allenamento a casa, e mi riferisco alle arti marziali, le tecniche che potete imparare da soli non sono particolarmente complesse, ma potrebbero comunque servirvi lo stesso. Inoltre se vi piace il Karate ad esempio, potreste studiarne i Kata, ed eseguirli a casa.
Se potete, allenatevi al mattino. Questo tipo di allenamento è piuttosto energizzante.
Uno dei primi problemi che si trova ad affrontare una persona che vorrebbe allenarsi da sola è la mancanza di motivazioni. Molti non riescono a trovare la volontà di seguire un programma di allenamento nel corso della settimana.
Personalmente sono sempre stato affascinato dalle arti marziali, quando mi sono reso conto che potevo effettivamente allenarmi anche da solo – almeno nel kung fu Wing Chun – non è stato poi così difficile continuare ad allenarmi. Ormai lo faccio da nove anni.
Poiché vado in palestra da molti anni – pratico il body building – so anche cosa significa andare in un centro specializzato in cultura fisica e sport. So quindi anche distinguere.
Se vorreste allenarvi da soli ma non trovate la volontà per allenarvi mezz'ora o un' ora al giorno, potete provare ad allenarvi dieci minuti, fare una pausa di un' ora allenarvi altri dieci minuti ecc...
In questo modo l' allenamento vi verrà più leggero e farete anche delle pause di movimento, che spezzeranno la vostra attività e vi aiuteranno quindi anche a trovare un po' di benessere.
Provate anche a fare un po' di cyclette o di corsa. Acquistate dei pesi da uno due chili, per fare dei semplici esercizi e migliorare la vostra muscolatura.
Di quanto tempo avrete bisogno per ottenere dei risultati? Prima di vedere dei risultati, io personalmente mi sono allenato due anni. I primi risultati che ho visto, li ho rilevati in termini di velocità.
Col trascorrere del tempo, qualcosa è cambiato anche a livello della mia capacità di concentrazione. Questo è accaduto perché il Karate ed il Kung fu favoriscono anche la concentrazione.
Naturalmente se ci fermiamo ad analizzare le cose dal punto di vista della difesa personale, io non ritengo affatto di poter contrastare un uomo armato di pistola o di coltello. Pensò però di poter tenere testa a qualche bullo, o a qualche ubriacone o psicopatico.
In questo blog ho già inserito molti interessanti video sulla difesa personale. Scegliere i video, cercarli su youtube, mi ha già in questo breve lasso di tempo arricchito culturalmente.
Devo dire che molte delle cose che pensavo sulla difesa personale pur non rivelandosi false non erano corrette al cento per cento.
La mia visione della difesa personale deriva in parte dal libro di Bruce Lee, Jet Kune Do. Il concetto di difesa personale di Bruce Lee è molto realistico, e ha come punto di partenza, una valutazione attenta della realtà.
Bruce Lee spiega chiaramente che il vostro avversario in un combattimento da strada – scaturito magari da un' aggressione – potrebbe non soltanto volervi fare del male, ma addirittura potrebbe combattere per uccidervi.
Che questo concetto non sia sbagliato lo dimostra la grande quantità di aggressioni che sono realmente finite male, nel corso degli anni.
Nonostante tutto però certi video che ho visto su Internet, e che non ho pubblicato perché li ho ritenuti troppo violenti, mi hanno portato a riflettere un po' su tutto quello che ho imparato sulla difesa personale fino a questo momento.
Praticamente, basta guardare i video sul Jeet Kune Do per notare l' abilità degli atleti che lo praticano e la loro reale maestria in combattimento.
Ho visto però dei video, in cui i combattenti si spingevano molto oltre. Video di combattimenti reali. Vero Kumite.
Ecco in questi video gli avversari finivano a terra avvinghiati, e si colpivano quando riuscivano a divincolarsi dalla stretta dei rivali, con dei violenti pugni alla testa. Sembravano delle vere bestie.
Fra l' altro questi combattimenti dopo i primi istanti si svolgevano prevalentemente a terra e non sembravano nemmeno dei combattimenti, ma per me che sono un civile, rasentavano la follia.
Ho compreso però che questo è realmente ciò che può succedere in un combattimento. Finire a terra avvinghiati ad un avversario.
Che sia forse il caso di mettersi a studiare lotta greco romana?
Il Full Contact, una delle discipline da combattimento più in voga oggi, è considerato – piuttosto impropriamente – come una delle tante Arti Marziali. Ma, mentre per quanto riguarda le origini di Judo, Karate, Kung fu, Taekwondo, si suole dire: - le origini si perdono nella notte dei tempi... -, per il Full Contact non è così. Essa è un' arte prettamente occidentale nata e cresciuta nella cultura americana che l' ha generata.
Infatti il full contact nasce ufficialmente il 14 Settembre del 1974 a Los Angeles. In uno dei suoi palasport si sono tenuti i primi campionati del mondo professionistici di questo nuovo sport, che ebbero negli americani Joe Lewis, Bill Wallace e Jeff Smith i suoi primi eroi.
I tre erano già affermati campioni di Karate e furono i primi ad indossare guantoni e calzari che proteggevano mani e piedi (ideati allo scopo dal coreano John Ree) e ad affondare i colpi.
Notoriamente, nel Karate i colpi vanno indirizzati al bersaglio con grande velocità e determinazione, ma devono essere arrestati a pochi millimetri dal bersaglio stesso.
Nel Full Contact Karate, invece, si è proprio ribaltato il concetto di – controllo – dei colpi per affondarli sul serio.
L' esigenza nasceva dal fatto che gli americani, tipi concreti e un po' rozzi, retaggio della frontiera, non amavano il finto combattimento del Karate, quel surrogato dell' antico duello dei Samurai; volevano calci e pugni veri, volevano spettacolo, sudore e sangue, volevano lotta vera.
(Fonte: Full Contact, autore: Giorgio Perreca, Edizioni Mediterranee)
Nel suo sviluppo attraverso i secoli il Kung fu si è differenziato in un gran numero di stili e scuole che vengono classificate in vari modi. Tradizionalmente il Kung fu può essere diviso:
1. in base alla zona geografica in cui un metodo è praticato, in stili del nord e stili del sud
2. in base al tipo di forza usata, in stili duri, stili morbidi e stili morbidi-duri
3. in base al tipo di lavoro fisico o mentale, in stili esterni e stili interni
Stili del Nord e del Sud
Ogni stile rispecchia le caratteristiche geografiche del posto dove è praticato, le ragioni sociali e culturali attorno alle quali si è sviluppato e le caratteristiche fisiche e mentali dei praticanti. Nel nord, dove la temperatura è più rigida e le popolazioni sono più robuste, si è imposto maggiormente l' uso dei calci e della lotta.
Nel sud dove il clima è caldo e umido, e la taglia della gente è più piccola e leggera, la lotta non ha avuto una grande tradizione, mentre si sono sviluppate tecniche molto sofisticate eseguibili con gli arti superiori. In generale gli stili del nord prediligono movimenti più lunghi e un gioco di gambe più vivace, mentre gli stili del sud sono caratterizzati da posizioni più statiche e da tecniche di braccia più potenti.
(Fonte : Esercizi di Kung Fu Wushu, De Vecchi Editore)
Io ho studiato uno stile esterno, il Wing Chun kung fu, ed uno interno, il Tai Chi. Ho imparato ad apprezzarli entrambi ed ho compreso le differenze.
Gli stili esterni pongono la massima importanza nell' allenamento del fisico e delle qualità atletiche, utilizzando principalmente la potenza muscolare e la velocità: per questo sono più adatti ai praticanti giovani. Gli stili interni, invece, pongono l' accento sul lavoro interiore, sul Qi, o energia interna, e sull' uso dei tendini piuttosto che dei muscoli.
L' uso della forza è più gentile e perciò gli stili interni si adattano meglio alle persone adulte e anziane. Una differenza che si incontra spesso riguarda il termine usato per indicare la forza: negli stili esterni si usa la parola Li, cioè forza, potenza; negli stili interni si usa la parola Jing, che significa forza intelligente, raffinata.
Così, mentre il Li è destinato a diminuire con l' avanzare dell' età, il Jing è potenzialmente inesauribile e può essere migliorato continuamente nel tempo attraverso un adeguato e corretto allenamento.
Questo uso della forza è ciò che sta alla base delle straordinarie dimostrazioni presentate dai maestri di stili interni, capaci di sconfiggere avversari più grossi e pesanti fisicamente.
Tuttavia questo è uno degli aspetti più delicati da trattare nel Kung fu, sia per la difficoltà intrinseca della materia, sia per la confusione e la mistificazione che si produce attorno all' appropriato uso dell' energia.
(Fonte: Esercizi di Kung fu, WUSHU, De Vecchi editore)
Io pratico da circa otto anni il Kung fu Wing Chun, e da tre anni il Tai Chi. Ho avuto modo di comprendere le differenze tra i due, ma li apprezzo entrambi. Il Tai Chi però mi sembra meno efficace per quello che riguarda la difesa personale.
Come ho già accennato Bruce Lee, non credeva molto nella validità del Karate come sistema di difesa personale. Soprattutto non credeva nell' utilità dei Kata.
Si spingeva anzi oltre, riteneva che anche nello stile di Kung fu, che aveva studiato da giovane ci fossero molte cose inutili. Era un maestro che credeva veramente nella sintesi.
Sembra che fu anche il primo ad inserire l' uso dei guantoni e delle protezioni negli allenamenti. Quindi se si considera questo ed il fatto che non credesse nei Kata, si nota subito la somiglianza fra il suo modo di concepire lo studio dell' arte marziale e l' allenamento del Full Contact moderno.
In cosa differisce il Jeet Kune Do dal Full Contact allora? Il Jeet Kune Do non comprende solo l' uso di tecniche di calcio e di pugno, ma anche di tecniche corpo a corpo, e di controllo.
Certe tecniche a distanza ravvicinata provengono dal Kung fu Wing Chun, lo stile di Kung fu, che Bruce Lee imparò dal maestro Yip Man, nella sua giovinezza ad Hong Kong.
Esiste una tecnica particolare, che si chiama Chi Sao, mani aderenti, che si esegue proprio a distanza ravvicinata.
Io ho cominciato a studiare il Wing Chun circa dieci anni fa, da un manuale piuttosto sintetico di J. Yimm Lee, che lo aveva studiato presso Bruce Lee, di cui era diventato assistente.
Da circa un anno, ho cominciato a studiare anche il Karate, ed ho potuto comprendere quali differenze ci sono fra le due forme di combattimento.
Si può imparare un po' di difesa personale allenandosi da soli a casa? Ed il Jeet Kune Do inventato da Bruce Lee?
Qualcosa si può fare, ma non ci si può certo illudere di poter sostituire questa tipologia di allenamento, in quella in cui si viene seguiti da un maestro.
Fondamentalmente si possono imparare un certo numero di tecniche, utili nel caso ci si dovesse trovare in situazioni pericolose.
Quando ti alleni solo, puoi imparare senza grandi difficoltà, le tecniche di calcio, quelle di pugno e di mano in generale, le ginocchiate, i colpi di gomito. Ma le tecniche corpo a corpo, le leve, le proiezioni, gli intrappolamenti, da solo come puoi allenarle?
Quindi per ironia della sorte, una cosa che potrai studiare quando ti alleni solo sono i Kata, proprio quegli stessi Kata che Bruce Lee, considerava inutili.
Personalmente non considero i Kata inutili, certo sicuramente non sarà praticando i Kata che si può diventare dei veri esperti di combattimento.
Purtroppo allenarsi da soli comporta delle limitazioni non indifferenti. Perché allora io mi alleno da solo?
Come ho già spiegato, abito a Catania, una città dove non mancano i bravi maestri di arti marziali, ma poiché quando ho iniziato ad allenarmi praticavo il fitness già da diversi anni, non me la sono sentita di iscrivermi anche ad un corso di arti marziali. Mancanza di tempo.
In questo video vengono dimostrate diverse tecniche di Ju Jitsu. Guardandolo vi renderete conto voi stessi che sono tecniche molto efficaci.
Questo blog è dedicato alla difesa personale ed al Jeet Kune Do, che come ho già spiegato è un sistema di combattimento che mira all' essenziale.
Potrebbe sorgere in voi la seguente domanda: è meglio studiare un sistema come il Ju Jitsu, ricchissimo di tecniche o un sistema più sintetico come quello ideato da Bruce Lee.
Rispondere a questa domanda non è tanto facile. Dipende tutto dalle vostre esigenze, e dalle vostre attitudini e predisposizioni.
Potreste non avere il tempo di studiare per tanti anni con un maestro di arti marziali. Il percorso per chi studia arti marziali tradizionali, spesso è molto lungo.
Oppure potreste avere tutto il tempo di questo mondo, e un profondo desiderio di imparare un sistema di combattimento antico e ricco di tecniche.
Oltre al Ju Jitsu ve ne sono altri, basti pensare all' Hapkido un arte marziale coreana, che negli ultimi anni sta riscuotendo un notevole successo ed è ricchissima di tecniche.
D' altra parte potreste avere un fisico troppo mingherlino, che non vi consente di imparare un gran numero di tecniche corpo a corpo in cui è richiesto un fisico nella media. In questo caso forse, avreste bisogno di un programma su misura, basato magari su tecniche di calcio, di pugno e di qualche tecnica corpo a corpo alla vostra portata.
Quindi sono diversi i fattori da prendere in considerazione.
In questo video si possono osservare alcune interessanti tecniche di Ju Jitsu. Il video è molto interessante.
Il Ju Jitsu è una delle più antiche arti marziali, gli stili che esistono nel mondo sono diversi. Da esso sono derivate altre arti marziali importanti.
E' sicuramente una delle arti marziali più complete. Comprende molte tecniche. Si va dal corpo a corpo alle tecniche di calcio e di pugno, alle leve e proiezioni.
Spesso il Ju Jitsu viene anche insegnato ai corpi di polizia. E' particolarmente adatto alla difesa personale.
Si tratta di un arte marziale che è sicuramente meglio però apprendere in palestra. Innanzitutto non ci si può allenare da soli, semmai ci si potrebbe allenare con un compagno, ma in quest' ultimo caso bisognerebbe fare attenzione a non farsi del male.
Può infatti capitare come nelle altre arti marziali, se non si fa attenzione, di farsi del male. Sicuramente studiare con un maestro è meglio.
Quale arte marziale consigliare a chi vuole imparare la difesa personale? Sicuramente il Ju Jitsu, il Krav Maga ed il Jeet Kune Do sono molto interessanti.
E' però questione di gusti. Una persona potrebbe benissimo sentirsi appagata e raggiungere un ottimo livello di padronanza nella difesa personale anche studiando qualche stile di Karate.
Io abito a Catania e mi alleno da solo da diversi anni. Ho cominciato praticando il kung fu Wing Chun, che apprezzo molto e da circa un anno ho cominciato a studiare il Karate.
Naturalmente ho letto anche il libro di Bruce Lee sul Jeet Kune Do.