lunedì 11 marzo 2013

I limiti del kung fu come arte marziale.



Ho spiegato in più di un post che abito a Catania, e che ho cominciato ad allenarmi circa otto anni fa per conto mio, nel kung fu Wing Chun, e recentemente nel Karate.

Quando ero ancora un bambino, per un breve periodo avevo fatto lo stesso tipo di esperienza. Ricordo quello che è stato in assoluto il mio primo libro di Kung fu.

Il libro era diviso in diverse parti, nella prima veniva insegnata una serie di esercizi, simili a quelli che vengono fatti dai praticanti di Qi Qong, per migliorare il proprio fisico.

Poi vi era un capitolo dedicato al Pakua Chuan ed un altro dedicato allo stile della mantide religiosa. Quest' ultimo stile in particolare, mi era piaciuto, ed avevo cominciato ad allenarmi in quella prima forma.

Un altro capitolo era dedicato allo Shorinji Kempo, un arte marziale di cui ho parlato in un altro post. L' autore del libro mi sembra che fosse Cesare Barioli.

Ma quello che mi era piaciuto parecchio, era stato uno dei capitoli iniziali, in cui l' autore aveva raccontato il suo primo vero incontro con un praticante di Kung fu, un ragazzo che era solito allenarsi completamente solo nel cortile di un ristorante.

Per ironia della sorte anch'io oggi mi alleno da solo, e mentre tanti anni fa mi sembrava strano allenarsi da soli nella pratica di un' arte marziale, oggi invece mi sembra una cosa normalissima ed alla portata di tutti.

Sicuramente, andare in palestra ed avere un maestro è meglio, ma ho già spiegato le ragioni che mi hanno spinto a scegliere di praticare da solo.

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