Ripetiamolo ancora una volta: per formalizzare il suo originale modo di intendere e vivere il Kung Fu, e per tramandare questi nuovi valori alle masse di proseliti egli sarebbe stato costretto ad istituire una tradizione. Il che non è altro che compromettersi con la durata nel tempo che questa trasmissione culturale comporta, interiorizzandone dei modi creati da sé – ed ora leggittimati dal sistema – nelle nuove leve. Passato e futuro sono poi dimensioni mentali inscindibili, senza il primo, il secondo non ha possibilità d' essere.
Di conseguenza, il futuro della sua scuola sarebbe dipeso dal presente delle sue azioni, e quello a sua volta sarebbe dipeso dai primi passi nel remoto passato... quando ancora ragazzino frequentava le lezioni di Win Chun del venerabile Yip Man. Allora il nostro Bruce Lee avrebbe capito che cultura è conoscenza accumulata nel tempo, lungo il percorso delle vicende umane chiamate Storia.
Queste vicende umane, singole o collettive, hanno, si, bisogno di rinnovamento creativo e perciò di riformatori e scopritori che ogni tanto rivoluzionino il costume e rivitalizzino le coscienze; ma Bruce Lee avrebbe comunque realizzato che cultura è fondamentalmente il modo di vivere degli umani – e solo di essi – che abbisognano di punti di riferimento, di certezze, di idee, e della comunicazione di queste, nonché di emozioni superiori. Questo perché l' Universo (o il creatore, non fa differenza in questa sede) ci ha fatto così, con una mente propriamente umana. Una mente che a modo suo costruisce di un suo esclusivo design la cosiddetta cultura.
(Fonte: Tang Su Do, autore: Roberto Daniel Villalba, edizioni mediterranee)
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