Nei Musei Vaticani una copia di un gruppo scultoreo greco dell' epoca mostra due lottatori in posizioni estremamente moderne identiche a quelle dell' attuale Karate. Le posizioni dei due contendenti sono due: uno è in Nekoashi e l' altro Zenkutsu, uno minaccia in Tetsui e l' altro scaglia un colpo di Nukite. Ogni commento è superfluo.
Ad ogni modo è lecito presumere che anche nell' antica Grecia i segreti del Pancrazio fossero noti alla casta militare per ragioni che appaiono più che ovvie. Le armi dell' epoca, per lo più di bronzo, si deterioravano rapidamente e spesso i combattimenti degeneravano in zuffe sanguinose il cui risultato veniva deciso sovente della forza dei pugni o dei calci.
Quando Alessandro parte alla conquista dell' Oriente, nel 334 a. C., porta con sé 45.000 tra fanti e cavalieri ben addestrati nell' arte della guerra e sicuramente temibili lottatori. Una vera macchina bellica che, sapientemente guidata, in breve tempo ha ragione di ogni avversario e dilaga oltre l' Indio e sino all' Oceano Indiano. Fautore di una saggia politica di fusione ed alleanza tra vincitori e vinti. Alessandro non solo sposa le figlie di vari regnanti sconfitti, esortando i suoi militi a fare altrettanto, ma annette alle proprie forze una falange battriana di 30.000 uomini ed integra la propria cavalleria con numerosi nobili persiane.
Tutto ciò deve aver favorito enormemente (sia pure in ambienti privilegiati) l' espandersi di metodiche di lotta greca nonché la loro fusione con quelle locali. Si può credere che la loro conoscenza fosse una sorta di eredità da tramandarsi di generazione in generazione e che i più appassionati cultori ne fossero gli appartenenti alle famiglie dei nobili e dei regnanti.
(Fonte: Karate ed oltre, edizioni mediterranee, autori: mario morelli, silvio raho)
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